Talvolta può capitare di visitare delle esposizioni “diverse” dove l’arte tessile trova un riflesso nell’arte della pittura, più o meno figurativa s’intende, e questo è successo un mesetto fa.
“Finestre sul mare” è il soggetto che la tessitrice Marija Pudane ha inteso rappresentare con il materiale che le è più famigliare: il filo. Prima di andare a vedere le sue piccole opere d’arte, piccole per dimensione, non come valore intrinseco, sarebbe il caso di spendere qualche parola sulla loro genesi immaginativa, e con ciò intendo tutti gli aspetti materiali e immateriali. Iniziamo dal punto di vista, ovvero una finestra. Si potrebbe supporre che l’artista goda della fortuna di poter spaziare lo sguardo verso un panorama che si allarga sul Golfo di Trieste, da una finestra che abbraccia tutto il mare che va da Pirano a sinistra fino a Grado sulla destra, ma così non è. Davanti alle sue finestre si alza il crudo cemento di un alto edificio che “da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”, e similmente al poeta di Recanati lei immagina, o perlomeno richiama alla memoria, gli interminati spazi che stanno al di là di quel manufatto di cemento armato. Si badi bene che tale rappresentazione non si limita a un pregevole esercizio artistico, bensì invita a un’interpretazione più complessa, suggerendo un’inconscio bisogno di dare forma visibile a una visione significante della vita. Per spiegarmi meglio aggiungerei subito l’immagine di una delle sue opere.
In essa due e solamente due sono gli elementi raffigurati, il cielo e il mare, ed entrambi appaiono diversi in tutti i loro aspetti propri e reciproci.
Iniziamo dal cielo, bigio, da giornata uggiosa, così diverso da ogni rappresentazione idilliaca e ammiccante. Sotto a quello un mare caotico ribolle di colori improbabili, e solo una fettina di quello pare sia intenzionata a offrire una superficie riflettente, giusto il minimo sindacale. Allora come non associare quella trama ordinata del cielo a ciò che la mente progetta, prevede e discerne in forza della logica, dell’esperienza, della probabilità? E invece il mare si diverte a scombinare tutto, con la bellezza terribile dell’improvviso, dove le onde si alzano e si abbassano in una ripetizione destinata a durare tutta la vita, onde che durano un giorno, un’ora, un attimo, niente. Sconvolgendo la trama superiore l’artista rinnega l’ordine, così ragionevole e comodo, e si pronuncia in favore del disordine, mostrando saggezza e capacità di emozionarsi, le doti in grado di salvarci dalla trappola del reiterato bailamme di urgenze tanto moderne quanto insensate.
Le immagini che vedete qui sopra vi possono dare un’idea sulle dimensioni delle sue opere d’arte, ovvero di come sia stato difficile ottenere tanta espressività in spazi limitatissimi. Cielo e mare hanno trovato sfumature diverse, a seconda dell’estro dell’artista, del momento rappresentato, del materiale a disposizione, perciò, pur nel rispetto del format compositivo, gli effetti cromatici risultano sempre nuovi e sorprendenti.
Dettaglio
Si passa da un mare scurissimo, forse di un’algida alba invernale o forse la minaccia di una tempesta che si sta profilando all’orizzonte…
… al fuoco di un tramonto che accende gli elementi e ci lascia con una struggente malinconia…
… fino alle evoluzioni di due gabbiani che sono i signori dell’aria e dell’acqua, e che non hanno bisogno di una finestra per vedere il mare.
Tra i lavori più ammirati della mostra va senza dubbio segnalato un quadro solo vagamente più descrittivo, dal titolo che può dire tutto solamente a chi col nostro clima invernale ha dovuto talvolta fare i conti.
La Bora è un vento freddo che soffia da Nord-Est, e la particolare conformazione del nostro territorio provoca la formazione di violente raffiche che superano abbondantemente i cento chilometri orari. Ci sono due tipi di Bora, quella chiara che spazza via le nubi e regala delle giornate di una limpidezza non comune, e quella scura (o nera) che a seconda della stagione porta con sé di tutto e di più, nubi, pioggia, neve, e ovviamente un gelo che ti strappa il calore dalla pelle.
Immagino che a Marija Pudane sia capitato di trovarsi alla mercè di tale evento atmosferico, nella forma scura ovviamente, quando si fatica a restare in piedi, si tenta di chiudere ogni bottone fino al collo, si rinuncia ad aprire l’ombrello poiché sarebbe come buttarlo, e non si vede l’ora di trovare un riparo al calduccio. Ebbene, di tale esperienza ha conservato un ricordo così vivido da riuscire a realizzare una quadro tessile di notevole effetto. Vi pregherei di osservare quel singolo filo scuro che attraversa la composizione da un lato all’altro. Non è casuale, si tratta invece del profilo “disegnato” delle Prealpi che si stagliano sullo sfondo. Anche l’opera qui sopra rappresenta l’andamento imprevedibile dei refoli, i quali schiaffeggiano cose e persone, spostano cose e persone, fanno cadere cose e persone, e però nessuno che sia di queste parti saprebbe rinunciare all’ebbrezza magnetica di un vento che sembra sfuggire a ogni logica. Come dire: se no i xe mati no li volemo.
Per la sua originalità è stata molto apprezzata questa “installazione”, ovvero un piccolo telaio da tessitura realizzato mediante stereolitografia su progetto originale di Marija Pudane. Badate bene che non si tratta di un giocattolo o di una mera rappresentazione tridimensionale, bensì è un oggetto che risponde a tutte le caratteristiche tecniche di un telaio in legno.
Prima di concludere, permettetemi di spendere qualche parola sull’autrice di queste opere. Marija Pudane è di origini lettoni, ma sono più di vent’anni che vive e opera a Trieste. La sua attività iniziale consisteva nella tessitura di stoffe in lino, con una grande varietà di trame e colori. Battezzato il suo laboratorio con il nome “La tessoria” ha realizzato negli anni un’infinità di stoffe destinate agli usi più disparati, dai centrotavola ai tendaggi, dagli scialle ai vestiti. Poteva bastare? Ovviamente no. Più di una decina d’anni fa iniziò a sperimentare le gelatine solubili, ottenendo trame vaporose e intriganti, una tecnica che conosco abbastanza in quanto l’appresi proprio da lei, come si può leggere nel mio vecchio post “Estate, tempo di gelati, e di gelatina“. Ora lei si è lanciata in questa nuova avventura, e da quel che ho visto le premesse sono ottime. Infatti dalla mostra ho ricevuto l’impressione di un “Work in Progress“, nel senso che nulla è definitivo e tutto è in divenire, giacché tale forma di arte tessile potrebbe trovare forme espressive e applicazioni ancora inesplorate, e se conosco un po’ Marija Pudane sono certa che lei non si tirerà indietro.
Come sempre, qualche altra immagine dei suoi lavori è reperibile nel mio album su Flickr, oppure sulla pagina Facebookdi Marija Pudane.
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