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A mano
Può capitare che alcuni lavori si trascinino per molto tempo senza che si abbia il tempo, o le forze, o la voglia di concluderli. Può capitare di provare un vago rimorso nei loro confronti, immaginando che provino del risentimento per essere stati trascurati. Può capitare che si parta con un’idea e che poi quella ci faccia smarrire in un labirinto di possibilità, ripensamenti, dubbi e speranze. Può capitare di perdere per strada l’ispirazione, una strada lungo la quale sono successi molti eventi negativi e deprimenti. Può anche capitare che un evento casuale suoni un’inconscia sveglia e che si decida finalmente a finirla con quella sorta di purgatorio tessile, anche a costo di darci un taglio (simbolico e letterale) e buttare via tutto.
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Esperimento (poco) segreto
Dato che mano e polso mi stanno dando ancora dei fastidi, ho pensato (bene?) di fare di necessità virtù, quindi sto cercando nuove tecniche espressive, battendo nuovi sentieri che promettono di complicarmi la vita.
Adesso è il turno delle matite acquarellabili, l’uso delle quali sto apprendendo per somma di errori, anche grazie alla difficoltà di reperire dei materiali accessori, persino sconosciuti anche ai rivenditori di queste matite. Proprio oggi ho trovato, per caso, in una piccola farmacia di Koper/Capodistria il tipo di gel che qua stavo cercando da un bel po’.
Se vi servono altre informazioni non avete che da scrivermi, sarò felice di darvi delle dritte.
Senza mani!
Eccomi qua, con un polso malandato e l’altra mano invece pure.
Per fortuna la vista mi è di grande aiuto, nel senso che già da un bel po’ dovrei andare a controllarla, ma per il momento va bene così, vedendoci meno i difetti passano inosservati.
Negare, negare sempre, anche l’evidenza. Nego a me stessa che sarebbe anche ora di smettere, di passare oltre per dedicarsi ad attività meno sfibranti del patchwork, che ne so, il poker, la speculazione in borsa, la fabbricazione di esplosivi, la roulette russa…
E invece no.
Così, un po’ per passare il tempo, un po’ per dipendenza, e un po’ per regalare qualcosa di originale, mi sono ritrovata quest’autunno a finire questi tre lavoretti che già da un bel pezzo vagavano da un cassetto all’altro.
I girasoli
Rimango sempre sorpresa quando mi salta in mente una parola che nulla ha a che fare con la situazione nella quale mi trovo e che è la sintesi perfetta della situazione nella quale mi trovo. La parola in questione è “girasoli”, che poi sarebbe anche il titolo di questo post.
Come già si sa, io godo dei servizi personalizzati di una piccola agenzia turistica, talmente piccola che quando viaggio viene via con me. Ebbene, quella sera si era lì, io e la mia agenzia, a gustarci una Edelweiss placidamente seduti al tavolino di una brasserie alsaziana, quando, a tradimento, ecco che ti arriva quella constatazione: perché siamo qui noi due?
L’estate sta finendo
E un anno se ne va.
Piano piano, ma se ne va.
Amo l’estate? Non saprei. Tutta questa frenesia di organizzare, viaggiare, abbronzare e zanzare tende a stressarmi. E pensate che nemmeno capita a me!
Del resto l’autunno è deprimente, malinconico, sa di occasioni mancate e merce scaduta, di ore solari senza sole, di ritorno al passato.
Ah, ma l’inverno è tutta un’altra cosa, specialmente se si ha la fortuna di caricare la caldaia, di spremere ogni lampadina possibile, di mantenere l’equilibrio nonostante vento e ghiaccio. Come non detestarlo?
Poi finalmente arriva la primavera, sempre in ritardo, sempre a tradimento, sempre di fretta, sempre come se fosse passata ma non ci avesse trovate in casa. Che fregatura!
Però l’estate sta finendo, e tutto sommato non posso dire che mi abbia trattato male. Allora, dopo un intero anno di aspirazioni artistiche e alchimie tessili, mi sono concessa questo divertissement.
Un’estate al mare.
Stile balneare.