Ci voleva proprio un tempo così per scrivere questo articolo, una bella giornata di pioggia battente.
Si tratta di una specie di reminiscenza tornata a galla un po’ per caso, come il profumo della famosa madeleine di Proust, solamente che in questo caso non si tratta di memoria olfattiva bensì uditiva, e forse ancora qualcos’altro.
Dopo il primo caldo ruggente di giugno, con giorni di una luce che sembra non finire mai, ecco che al posto del frinire delle cicale mi tocca udire il tambureggiare di milioni di gocce di pioggia che picchiano sulla finestra, attraverso la quale intravedo solamente immagini tremolanti, sagome rese incerte dall’oscurità prematura e dalla foschia.
Il tempo ideale per scrivere di una giornata normalmente speciale.
Comincio spiegando cos’aveva di speciale quella giornata.
Verona Tessile vi dice niente?
A Verona, dal 19 al 24 maggio, si è svolta la terza edizione di un evento espositivo organizzato dall’associazione Ad Maiora.
Grazie a un notevole sforzo organizzativo, e immagino anche a una bella dose di coraggio, le quilter di Verona sono riuscite a imbastire una manifestazione di alto livello, con inserti artistici internazionali pregevolissimi per qualità e originalità.
Questa la parte speciale. La parte normale è che siamo tornati al mio standard, quello che mi garantisce pioggia a catinelle ogni volta che vado per mostre. Ecco perché in questa giornata bislacca e tempestosa mi va di scrivere di una giornata tempestosa e stupenda.
Bene, mettiamo da parte l’ombrello e parliamo un po’ della mostra, anzi delle mostre, giacché ogni esposizione a tema aveva una collocazione diversa nel centro storico della città scaligera.
Arrivando dalla stazione ferroviaria, giusto prima della Torre Pentagona, la prima visita l’ho dedicata alle opere del concorso “Colori diVini” e all’esposizione intitolata “La musica della mia vita”.
Anche se l’aspetto esterno dell’edificio, il Palazzo dei Mutilati, è abbastanza angosciante per architettura e richiami storici, l’interno si rivela ampio e luminoso.
Ad accogliere le visitatrici (ma anche i visitatori, perché no?) c’era nientemeno che Maria Teresa Sansotta, la presidente di Ad Maiora.
“La musica della mia vita” si compone di una serie di 49 opere realizzate da altrettante quilter italiane e straniere. Questa iniziativa è stata ideata da Teodolinda Mengo, la quale, con la collaborazione di Quilt Italia, è riuscita a organizzare nel 2014 una mostra a Monza e un relativo book fotografico, con la finalità di raccogliere fondi per l’associazione C.A.DO.M. (Centro Aiuto Donne Maltrattate).
Eccoci ora ad alcune opere del concorso “Colori diVini”.
Il tema proposto ha incontrato le interpretazioni più diverse, espressioniste e astratte, tradizionali e sperimentali, emblematiche e border-line, segno di indiscutibile successo.
“Vanità … vanità … tutto é vanità“, e se questa frase andava bene per il generale Lowenhielm può andar bene anche per me. Infatti è per un peccato di vanità che ho inserito in questa vetrina anche il mio lavoro in concorso. Si tratta di una composizione sperimentale su base idrosolubile. Ho utilizzato esclusivamente materiali riciclati: sfilacci, cimose, spezzoni di filo di lana o di cotone, brandelli di vecchi maglioni, e altro ancora che al momento non ricordo.
L’ispirazione mi è stata fornita da una semplice constatazione: che sia bianco o che sia nero, il vino ha la sua origine nella vigna, e questa non è bianca e neppure nera.
Buona o scarsa che sia, la vendemmia è sempre un momento eccezionale.
Oro, rubino, ametista, zaffiro, ambra, onice, sono i colori che mi circondano,
così vivi da restare impressi nella memoria,
tanto da permettermi di farli riemergere in tempi, spazi e materie così lontane dalla vigna
Dal palazzo dei Mutilati si va, di pozzanghera in pozzanghera, fino al Museo di Castelvecchio, proprio in riva all’Adige.
In questo edificio storico erano esposti alcuni antichi quilt provenienti da Galles, opere provenienti dalla collezione di Jen Jones che hanno almeno un secolo di vita: “Quilts from The Hearthlands of Wales“.
Quando mi trovo di fronte a un lavoro “storico” non posso fare a meno di riflettere sulle differenze tra me e “loro”, intendendo per “loro” quelle donne che dopo aver sfacchinato tutto il giorno attorno a una cucina a legna o su un campo di patate, dopo aver sfamato la numerosa prole e l’impaziente marito, dopo aver lavato, riparato, resuscitato indumenti sempre più lisi, trovavano la forza fisica e mentale di mettersi in un angolo a cucire, alla luce della tremolante fiammella di un lume a petrolio, con aghi troppo duttili e forbici troppo grandi, trascurando sonno e riposo per regalarsi un momento “personale”, e forse anche per evitare, almeno quella sera, di imbastire l’ennesimo marmocchio…
Fuori dal Castelvecchio si torna verso Piazza delle Erbe, quindi si tenta di trovare la Sala Scacchi. Si tratta di una vera e propria partita a scacchi, perché solamente grazie alla mossa del cavallo sono riuscita a trovare la Scala della Ragione, e da quella la sala dell’esposizione, e lì le quilter giapponesi mi hanno dato scacco matto con l’esposizione “Symphony of Colors“.
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Vi starete chiedendo se il vostro computer ha dei problemi, o se l’articolo è ancora incompleto, oppure se, per qualche oscuro motivo informatico, internet non visualizza bene questa pagina.
Non temete, va tutto bene, e c’è una spiegazione per quei puntini. Si tratta delle mie impressioni sui quilt di questa esposizione: inesprimibili a parole. Perciò lascio a voi che state vendendo queste opere l’arduo compito di trovare un commento adeguato che non sia riduttivo. Fate vobis.
Un’altra cosa: come sempre, e se possibile ancor più di sempre, le fotografie non rendono giustizia. Non possediamo attrezzature (e le capacità) adeguate a riportare tutte le sfumature di colore che l’occhio può vedere (o immaginare di vedere), e forse nemmeno esiste qualcosa di meccanico in grado di farlo. Un sensore, per quanto tecnologicamente avanzato, non è in grado di “sentire” una suggestione.
Junko Sawada deve aver girato parecchio, e a quanto pare anche nei posti che piacciono a me. Infatti ho riconosciuto subito il castello di Český Krumlov, come pure l’architettura tipica della Boemia Meridionale.
Ahiahiahi, c’e sempre qualcosa che mi lascia perpressa.
Maledetta la mia abitudine di girare per mostre e per il web. Infatti non c’è occasione che non mi faccia provare qualche deja vu, e talvolta anche qualcosa di più concreto. Non mi riferisco all’abitudine di riproporre lo stesso lavoro per più concorsi, anche a distanza di anni, e nemmeno a certi clichè di successo che contraddistinguono la produzione di talune artiste, bensì a episodi più o meno fortuiti, più o meno cercati di soggetti somiglianti. Va da sè che quando ci si ispira a opere d’arte esistenti andrebbe sempre citata la fonte, sia questa un dipinto, una fotografia, un testo, un film, e, perché no, anche un quilt esistente.
In questo caso non ho potuto fare a meno di registrare una fin troppo evidente somiglianza tra quest’opera di Yoshiko Katagiri del 2013 e un’altra di Perlita Weingarten vista a Sitges quest’anno.
E infine il mio preferito…
Non so se avete presente il film “Bird”, quello interamente dedicato alla vita e alla musica jazz del sassofonista Charlie “Bird” Parker, quando Buster Franklin, un altro sassofonista, decide di buttare il suo strumento nel fiume dopo aver sentito suonare Charie Parker, ma è esattemente così che mi sento dopo aver visto un’esposizione di quilt giapponesi. Anzi mi devo ricordare di una cosa importantissima, quella di non portare mai con me delle forbici o un cutter, giacché potrei rimanere vittima della sindrome di Stendhal, facile preda di un irrefrenabile impulso distruttivo.
Andiamo avanti.
Lo so che potrei sembrare perfida, ma non c’è nessuna malizia voluta nell’accostare alle opere precedenti questi quilt dell’esposizione “Tra antico e moderno”, tutt’altro.
Nel 2013 Agomago ha organizzato un’esposizione-concorso in ricordo di Angela Diana Coletta, per tutte le appassionate “Mimma”, e dato che il colore rosso era il suo preferito, “Rosso Mimma” è parso il tema più adatto. Nell’edizione primaverile di Abilmente 2014 è stato possibile ammirare le 32 le opere in concorso. Cristina Rizzi di Ad Maiora ha realizzato questo “Paesaggio onirico”.
Trattandosi di opere realizzate dalle socie di Ad Maiora vorrei dedicare a loro il “lieto fine” di quella giornata uggiosa, opere che, assieme a tutte quelle che ho visto, sono la promessa che l’arcobaleno esiste in ognuna di noi, quale che sia il tempo meteorologico o anagrafico, e ringraziandole per questo raro evento.
“Le città invisibili” è un famoso romanzo di Italo Calvino, il quale ha reinventato “Il Milione” di Marco Polo, però invertendo il verso della comunicazione: non è più il viaggiatore che ci narra le meraviglie del lontano Catai, ma è il viaggiatore venuto da lontano che narra al Gran Khan le meraviglie delle città invisbili agli abitanti del Catai. Essendo il Catai di Calvino esteso quanto l’intero globo terrestre, lo scrittore racconta a noi abitanti delle “città invivibili” le bellezze che stiamo inesorabilmente perdendo.
Questo è stato anche il tema dell’esposizione tenutasi nel 2012 a Lanzada, in Valmalenco. Certo è che dalle montagne della Valmalenco la città di Gangi, sulle Madonie, è veramente invisibile, perciò c’hanno pensato Maria Teresa Sansotta e Laura Guerresi.
Ho iniziato questo articolo con “La musica della mia vita”, perciò mi pare giusto terminarlo con “Good Vibrations“, la famosissima canzone dei Beach Boys, un’icona degli anni ’60.
Che dirti Rossana… grazie di questo ennesimo viaggio tra le stoffe e l’artigianato che speriamo tenga sempre viva la creazione individuale e collettiva come un tesoro.Complimenti!!
Grazie a te della visita.
Avrei proprio voluto esserci.
Allora ci diamo l’appuntamento tra due anni…
Di solito non commento perché troppo impegnata a tenere la bocca aperta viaggiando con te. Ma oggi mi hai fatto ricordare quando mi accinsi a studiare la Ballata n. 1 in Sol min. di Chopin (mi ci sarebbero voluti “solo” due anni…) e pensando di far cosa utile, la ascoltai incisa da Arthur Rubinstein. Lo spartito ne porta ancora i segni oggi: lo appallottolai e lo tirai nel muro!
Però, quando poi l’ho suonata… che emozione!!
E meno male che stavi studiando musica e non pittura, altrimenti avresti dovuto ridipingere la stanza.