Bassano del Grappaaa,… si scendeeeeee…
Bene, siamo finalmente arrivati a Mitrovica, Oops, lapsus freudiano, intendevo dire a Bassano del Grappa, questa bellissima cittadina attraversata dal Brenta, e ci siamo per la mostra organizzata dall’associazione Bassano Patchwork.
Anni indietro mi capitava di vedere nello stesso giorno la mostra di Treviso e quella di Bassano, una sorta di Quilting Day molto eccitante, ma pure molto faticoso. Dai e dai, mi sono fatta furba (incroyable, ma vero!), e quest’anno ho deciso di prendermela comoda. Dopo la puntata a Treviso ho preso il treno per Bassano, dove mi aspettava una camera per la notte, così da arrivare alla mostra con occhi riposati, pronti ad accogliere le nuove immagini che mi si sarebbero presentate.
Per inciso, potevo scegliere io un banale hotel, un albergo, un Bed&Breakfast, una pensione, uno chalet? Ovviamente no.
Finora avevo considerato U Malého Vítka, a Český Krumlov, il posto più strano e originale dove avessi dormito, invece il Palazzo Zelosi, un edificio seicentesco sorto dalla trasformazione di un antico convento, è ancor più suggestivo.
Pur essendo la struttura adeguata ai nostri tempi, essa riesce a mantenere un’atmosfera monacale, pur senza essere spartana, quasi in ossequio all’augusto passato. Posso dire di essermi trovata benissimo, in una stanza molto silenziosa, senza (aaah, finalmente) televisore, e assistita da personale gentilissimo. Un bijoux.
Abluzione, vestizione, prima colazione, Je suis prêt, andiamo.
Ovviamente piove.
A Palazzo Agostinelli c’arrivo a memoria, sarà ormai una decina d’anni che non manco a una mostra di Bassano Patchwork. Però questa è un’edizione speciale, in quanto si celebra il ventennale dell’associazione.
Eh sì, venti anni, venti nei quali è successo di tutto, i libri di Harry Potter, l’alluvione di Sarno, la guerra in Europa, la bufala del Millenium Bug, l’attentato a New York, la nascita di Wikipedia, l’Euro, l’arrivo di Google, Facebook e Twitter, il crac di Lehman Brothers, il terremoto a l’Aquila, un presidente nero alla Casa Bianca, il disastro nucleare di Fukushima, i drammi nel Mediterraneo, e tanto tanto ancora.
Venti anni sono tanti, e mantenere la voglia di fare, expérience, sbagliare, riprovare, esporsi, mentre tutto il mondo attorno cambia e sembra impazzito non è solo tenacia, è un atto di fiducia nel futuro.
Ora che ci penso su, quasi quasi mi viene voglia di andare a ribaltare qualche vecchio scatolone, giusto per vedere cosa, e come, combinavo io venti anni fa. Forse è meglio di no, forse potrei scoprire che quando pensavo di essere bravina non lo ero affatto, oppure, au contraire, che tutto sommato non sono migliorata molto. Meglio lasciar perdere, meglio tornare a Bassano del Grappa.
L’ingresso è, come sempre, spettacolare, con grandi lavori in bella vista.
A sinistra il “Divertimento geometrico” di Chiara Camonico, mentre il grande patchwork a destra è di Bruna Toffanello, e si intitola “Dal taschino al letto”, essendo realizzato con eleganti fazzoletti da taschino. Per quanto riguarda il bel quilt di Chiara, sono contento che almeno lei si diverta, in quanto io dei miei quilt ho solamente memoria di momenti sconfortanti, dubbi amletici, visioni insoddisfacenti e litigate con la stoffa, il filo, il cutter, la macchina, e chiunque passasse a meno di tre metri di distanza.
L’opera al centro, un po’ crazy e un po’ casual è realizzata con stoffe jeans. Alessandra Piva l’ha intitolata “L’anima dei tessuti oltre i tempi”, suppongo per suggerire che gli intramontabili blue jeans hanno scoperto come sconfiggere, attraverso il patchwork, la dittatura del tempo (se mi sbaglio mi corrigerete).
L’opera a destra è apparentemente semplice, infatti di intitola “Semplicità”, il che fa rima e però non si accompagna alla “facilità”. L’accostamento di stoffe a temi di paisley, rosette e chioccioline, tutte sul beige, crema, écru e affini poteva risultare lezioso, invece Adele Poli è riuscita a richiamare lo stesso facino delle venature del legno, aiutandosi con una fantasiosa quiltatura con filo grosso (sashiko?).
Dal molto grande al molto piccolo, come questo paesaggio minimo che Concetta Ferrazzi ha trovato da qualche parte e ha pensato bene di trasporlo su stoffa.
Raro ricavare tanta profondità con così pochi elementi, e ancor più rari sono quei colori sulle rive della Scandinavia. Il nostro cielo è usualmente azzurro, e il mare lo riflette, più scuro, en blu. Al Nord il cielo è, per troppi giorni, sconsolatamente grigio, e il mare lo riflette, più scuro, in nero.
Uno dei blocchi più versatili è il Log Cabin, la capanna di tronchi. Vi si possono ottenere dei patchwork tradizionali, fedeli fino all’ortodossia, ovvero alla copia di quelli che venivano realizzati un secolo e mezzo fa, oppure ci si può sbizzarrire in nuove composizioni, talmente innovative da nascondere, pur mantenendola, la struttura del blocco originale.
Certo è che quando si hanno tali spazi a disposizione, per sistemare i quilt c’è solamente l’imbarazzo della scelta!
Da sinistra a destra (solo quelli grandi), “Le prime luci dell’alba” di Carmen Zolesi, “Il giro del mondo in 208 siggy” di Grazia Moro, “Tepore d’autunno” di Pina di Grazia.
Grazia Moro ha assemblato ben 208 tessere, giunte da ogni parte del mondo, per comporre un patchwork transnazionale. Si può ben dire che si tratta di un lavoro a 416 mani! Eccovi alcuni dettagli.
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