Stoffe che raccontano, va bene, così era intitolata la mostra di Bassano Patchwork, ma sapete perché le stoffe raccontano?
Ve lo dico io: le quilter sono artiste del silenzio.
Le forbici tagliano zitte zitte, in silenzio separano, accorciano, spuntano, foggiano, rifilano, aggiustano; ago e filo plasmano la la materia, anche loro in silenzio, non picchiano, non ribadiscono, non erigono cantieri, si limitano a trovare un punto di contatto; nessun palcoscenico per la quilter, niente spartito o copione da interpretare in cerca di un applauso a scena aperta; acuti, imprecazioni e lacrime si smorzano nella caotica quiete del suo laboratorio; ciò che vale per la pittura e la scrittura vale anche per ogni opera tessile: l’artista opera in silenzio, ma sarà la sua creazione a raccontare della speranza, dell’ispirazione, della fatica, della delusione e della gioia.
Le stoffe allora raccontano, e se noi facciamo attenzione a ciò che dicono forse, e ribadisco forse, queste ci confideranno qualcosa che l’artista vorrebbe, ma non osa, far sapere.
Stavolta però si cambia. Se le quilter sono artiste del silenzio, noi tenteremo comunque di dar loro voce, alla nostra maniera s’intende, cavando loro quel poco che è stato possibile cavare e, con la fantasia, tanta fantasia, pure troppa, aggiungendo quel poco che siamo riusciti a capire.
Rossana & Stelio
Archive Tessarolo – emme@it
Com’era emme da piccolo? Esattamente come dovrebbe essere ogni bambino: allegro, curioso, indipendente (e perciò talvolta anche birichino). Purtroppo e per fortuna il tempo passa, e oggi emme è un giovane uomo, ma non è cambiato. L’allegria c’è sempre, vestita di sottile ironia, la curiosità è diventata sete di cultura, l’indipendenza si è dimostrata indispensabile per essere e sentirsi libero.
Dedico a lui quest’opera, sperando che i suoi colori (di emme e del patchwork), balzino sempre all’occhio regalandogli, regalandoci, allegria e bellezza.
Danielle Cavalli – Au Jardin Parolini
Nel lontano 1805 Alberto Parolini, appassionato di botanica, piantò nel podere di famiglia un cedro, l’albero destinato poi a diventare il simbolo del giardino che, solamente pochi decenni dopo, le guide turistiche descriveranno come un “luogo di delizia”.
Si va al giardino Parolini per rilassarsi, per una boccata d’aria, per godere della vista della natura, per riflettere, e magari anche per trovare l’ispirazione.
Capita pure di fare delle conoscenze inaspettate e piacevoli, com’è successo a me quando, passeggiando per i vialetti, ebbi la fortuna di incontrare questo maestoso albero. Mi piaque subito per l’aria signorile e per il suo carattere taciturno; ci capimmo al volo, senza bisogno di parole, e fu subito amicizia sincera.
Bruna Toffanello – La seconda per Alessia
Prima ci sono i bambini e, salvo pochi casi fortunati, è una lotta, ma che dico, una vera e propria guerra contro le nostre apprensioni, le nostre inadeguatezze, i nostri errori, le nostre incomprensioni, qualcosa che comincia quando vengono al mondo e che termina (non sempre) quando lasciano finalmente il nido.
Poi ci sono i bambini dei bambini, ed è, come dicono gli americani, tutto burro e alici, una gioia continua, perché ci sono l’esperienza maturata, la consapevolezza del momento felice e il tempo per dedicarsi a loro.
Per Alessia avevo già realizzato un patchwork, ma le è piaciuto a tal punto che mi ha chiesto il bis.
Sono grata ad Alessia perché non solo mi ha fatto felice come nonna, ma anche mi ha permesso di provare l’ebbrezza di essere un’artista, almeno per un giorno, e scusate se è poco.
Carmen Zolesi – Dolce tepore
C’è chi ha le idee chiare fin da subito, e c’è chi no. Di questa seconda categoria fanno parte le quilter che non hanno in mente fin da subito il progetto finito del quilt, materiali compresi, sono le quilter che invece preferiscono farsi ispirare dai materiali, facendosi suggerire la direzione da ogni pezzetto di stoffa che incontrano per via. Dato che ogni consiglio potrebbe dimostrarsi risolutivo è necessario ascoltarli tutti, perciò la quilter in questione si circonda di un’infinità di brandelli di stoffa, come una regina al centro di una variopinta corte dei miracoli.
Voi, quale tipo di quilter immaginate io sia? Vi dò qualche indizio.
Regola numero 1 – Non si butta via niente, neanche se è grande come un francobollo, neanche se è un colore impossibile da guardare.
Regola numero 2 – La quilter si ritiene in diritto di occupare qualsiasi stanza, armadio, cassetto, scatola, mensola presenti nel suo raggio d’azione.
Regola numero 3 – A nessuno tranne la quilter è consentito prendere, spostare, rimuovere o addirittura toccare un frammento di stoffa, in nessun luogo, in nessuna condizione, e per nessuna ragione
Regola numero 4 – Solamente quanto tutti i pavimenti son stati coperti, tutti i tavoli invasi, tutti i passaggi impediti la quilter può trovare l’ispirazione e scegliere quali stoffe utilizzare, con sollievo generale dei coabitanti.
È solamente un sospetto, ma qualcuno di loro avrebbe malignamente affermato che il “dolce tepore” si poteva ottenere fin da subito dando fuoco a tutte quelle stoffe…
Adele Poli – Un tocco di rosso
Prima puntata. Vicenza – Abilmente. Tra le mille e mille stoffe in vendita, tra i mille e mille colori da scegliere, vedi te cosa attira la mia attenzione: un jelly-roll con varie tonalità di grigio.
Mi piace, sì, perché il grigio lascia più libertà alla fantasia, e perché, dettaglio non trascurabile, costa veramente poco.
Preso.
Del resto, essendo una principiante, potrei permettermi anche di combinare un pasticcio senza piangerci tanto sopra…
Seconda puntata. Bassano del Grappa – YouTube. Trovo su internet un tutorial che mi dà l’aiuto necessario (e il coraggio) per imbarcarmi in questa avventura.
Si parte.
Terza puntata. Abilmente – Vicenza. Siccome il lavoro è riuscito (incredibilmente!) bene, ma è un po’ piccolino, vado a caccia di altre stoffe grigie.
Trovate.
Sto per ritirarmi soddisfatta quando una fiammata attira la mia attenzione, una stoffa di un carminio irresistibile. E come si fa a dirle di no…
Quarta puntata. Bassano del Grappa – Palazzo Agostinelli. Eccolo il tocco di rosso che ci voleva, una zampata per graffiare la superficie, qualcosa che alza la temperatura di tutto il lavoro, per ricordarsi che ci può essere gioia pure in una giornata uggiosa.
W quel jelly roll grigio!
Archive Tessarolo – Notturno
È una bella serata, quella giusta per fare quattro passi lungo quello che un tempo era il confine di Bassano, là dove correva la cinta muraria di Castro Baxani, Viale dei Martiri. Come dev’essere stata diversa questa strada mille anni fa, quando sul Mariniano venne eretta la prima versione “rustica” della pieve di Santa Maria. Non c’erano sicuramente tutte queste automobili, nemmeno l’asfalto, e Bassano non aveva ancora sofferto i “suoi” martiri.
Guardo, gli ingredienti ci sono tutti: la notte, la chiesa, le stelle, la luna, e la mia capacità di farmi suggestionare.
Via le automobili, via le persone, via le luci, via i rumori, via, via, via! E via il anche tempo, torno a quando a Bassano c’erano quattro casette arroccate attorno alla pieve, a quando la luna e il silenzio erano i padroni della notte. Non è fantasia, non è ricordo, è un’emozione più cercata che provata.
Claudie Martin
All’inizio della mia attività seguivo fedelmente le istruzioni dei vari modelli, perché temevo l’improvvisazione e l’accostamento sbagliato dei colori.
Ora invece l’ esperienza e le abilità tecniche acquisite, mi permettono di modificare le fonti a cui mi ispiro, combinando uno o più modelli e cambiando sia le disposizioni che i colori dei vari tessuti.
Claudie Martin – Matisse
Henri Matisse ha qualcosa in comune con noi, anch’egli seppe fare buon uso delle forbici per realizzare delle opere d’arte. Dopo aver sperimentato con successo varie tecniche pittoriche, egli raggiunse l’essenza della rappresentazione con il découpage, ritagliando dei fogli di carta colorata. Pur essendo noi quilter distanti anni luce dal livello delle sue opere, è gradevole il pensiero che il tagliare e il riassemblare non è assolutamente “arte povera”.
In questo mondo moderno fatto di linee e spigoli, di obiettivi e traguardi, di velocità e direzione, di volontà e violenza, queste leziose curve, casuali ma rappresentative, mi regalano la tranquillità che non riesco a cogliere altrove se non nei miei sogni.
Chiara Camonico – A Barbara
Sabbia, asciutta, calda, troppo calda,… scotta! Sabbia, umida, compatta, odorosa di mare. Comunque sia sempre sabbia è, buona per sdraiarsi e prendere il sole, cattiva quando ti si infila dappertutto. Ma per chi sta in montagna la sabbia significa soprattutto vacanze, estate, calore, spiaggia, divertimento. Sopra questo letto di sabbia ho sparso del colore, come i bagnanti fanno con asciugamani e giochi. Chissà se, assieme al calore della coperta, sarò riuscita a regalare a Barbara il calore di quelle gradevoli sensazioni balneari, ma soprattutto il calore del mio affetto. Chissà… forse sono castelli in aria, o magari castelli di sabbia.
Concetta Ferrazzi – La fuga del riccio
Non ci sono più i gatti di una volta. Ve li ricordate? Sempre vigili, eterni vagabondi, senza casa e senza padrone, pronti alla caccia di qualsiasi cosa che non fosse meno che immobile, rissosi e ruffiani. No, oggi il gatto fa il difficile, il gourmand, vuole essere servito e riverito, con la pancia che quasi striscia sul pavimento e le movenze degne di un bradipo sonnacchioso. Così può capitare che si faccia soffiare sotto al naso pranzo cena e merenda, e da chi poi? Da un timido riccio.
Eccolo, stanotte l’ho colto su fatto, sta scappando, s’è preso paura, di me ovvio, non di quei quattro ferri da stiro pelosi che si spacciano per dei felini. Tzè!
Certo che è carino, è proprio buffo con quelle zampette corte, all’apparenza così esili per quel corpo da maialino spinoso. Ah sì, le spine, quelle che rivolge al mondo esterno quando è veramente spaventato. Del resto anche noi subiamo talvolta la tentazione di chiuderci a riccio quando il presente ci fa paura o non è esattamente quello che vorremmo fosse.
Daniela Fantin – Stella Polare
Ve lo immaginate un cielo notturno senza stelle?
Ve la immaginate una mostra patchwork senza stelle?
“Per aspera ad astra” dicevano i latini, e anche la quilter si deve cimentare con le difficoltà tecniche per giungere alle stelle, quelle tessili ovviamente.
Per noi che siamo lontane dai grandi (e inquinati) centri abitati, e che siamo per forza di cose più vicine al cielo, è facile godere della vista di un bel cielo stellato, e da lì a farsi venire la voglia di portarsi in casa qualche stella ci vuole poco.
Ognuna di noi dovrebbe riconoscere nel cielo delle aspirazioni la sua stella polare, l’astro che, seppure lontano e irragiungibile, ci evita di smarrire la via. Anch’io dovrei averne una, magari è una di queste, e chi lo sa, quella benedetta stella non sta mai ferma…
Adele Poli – Fantasia in blu-verde
Voi che ci vedete?
Non preoccupatevi troppo di scovare astruse interpretazioni, ve lo dico io: divertimento puro.
Ogni quilter, per quanto brava sia, conosce bene alcuni aspetti penosi del patchwork, e non parlo di quando ci si buca il dito con l’ago o ci si taglia col cutter, mi riferisco ai dubbi, alle incertezze, alle recriminazioni che sempre accompagnano la realizzazione di un quilt. Io poi che non sono una “perfettina” sono la vittima predestinata di questi patemi “artistici”.
Rossana invece ci ha mostrato come giocare con le stoffe, i fili, i colori, e con ogni altro materiale che ci capitava sottomano, senza un progetto, semplicemente (si fa per dire) seguendo l’estro del momento, l’ispirazione, l’istinto se preferite, o addirittura il caso (maestro insuperabile). L’assoluta libertà e l’emozione della sorpresa finale mi hanno fatto riprovare entusiasmi che coloravano certe giornate della mia infanzia.
Chiara Camonico – Riflessi sul Brenta
Si potrebbe affermare che il riflesso è semplicemente la “realtà capovolta”, ma questa definizione si porta dietro parecchie interpretazioni. Non è detto che un riflesso sia meno reale della “realtà diritta”. Se pensate che l’immagine di voi nello specchio sia meno reale di quella conservata nella vostra testa siete fuori strada. E non si pensi poi che la “realtà capovolta” sia una realtà negativa, è solamente una questione di punti di vista. Un’immagine riflessa ci consente di vedere quando il vedere in altra maniera è impossibile, dispersivo o limitativo. Guardare il sole non si può, ma il suo riflesso sul mare sì, e sempre sullo stesso mare non vedremo una sola luna ma centinaia, migliaia, quante sono le onde sulle quali si riflette.
Le acque del Brenta hanno creato questa immagine, e io l’ho fatta subito mia. I dettagli non mi interessano, sono materia per commercialisti e orologiai; le linee diritte, a piombo, le lascio volentieri agli ingegneri; la rappresentazione esatta mi annoia come le repliche estive alla tv.
Il Brenta scorre, ma sulle increpature della superficie viene tessuta l’essenza, ci sono tutte le sensazioni che, in quel luogo, in quel momento, con quella luce, la mia sensibilità è in grado di farmi percepire, come se il fiume fosse uno straordinario pittore impressionista “capovolto”.
Rossana Ramani
Eccomi qua, ci sono anch’io. Le amiche di Bassano Patchwork mi hanno invitato a partecipare alla mostra esponendo alcuni lavori, e io ho accettato ben volentieri. Devo dire che è stata una sorpresa, nel senso che una cosa è vedere “un” mio quilt a casa, altro è invece trovarne “tanti” esposti in un grande salone. Al centro della parete a me dedicata, la parte del leone la faceva il quilt “È un mondo difficile”, già premiato a Parma nel 2013, un lavoro difficile da immaginare, disegnare, realizzare e quiltare, difficile un mondo, per un mondo sempre più difficile da capire.
Rossana Ramani – I colori del bianco e del nero (a sx) – Attraverso un bicchiere di vino (a dx)
Ho portato anche i miei due ultimi lavori ispirati all’uva e al vino (o ispirati dall’uva e dal vino…), opere tessili che magari non seguono i canoni del patchwork tradizionale, ma che mi hanno dato grande soddisfazione.
Buona o scarsa che sia, la vendemmia è sempre un momento eccezionale.
Oro, rubino, ametista, zaffiro, ambra, onice, sono i colori che mi circondano,
così vivi da restare impressi nella memoria,
tanto da permettermi di farli riemergere in tempi, spazi e materie così lontane dalla vigna
Grazie per questo post sulla mostra “Stoffe che Raccontano”. Realizzato in modo insolito e curioso, è sicuramente interessante avendo dato voce alle autrici di alcuni lavori esposti. Irresistibili il tocco di colore del filmato in bianco e nero, ma soprattutto lo stile di Rossana e Stelio che colora i testi!
Mariarosa
Le iscrizioni sono ancora aperte. Il post è un “work in progress”, sempre aperto ad altri contributi. Noi siamo qua, per aggiungere sia testi che foto.
Come sempre post spettacolare.
E senza effetti speciali…