Domenica 2 Dicembre: Quilting Day.
Già mi immagino la vostra reazione: – Come? Ma dove? Chi…? Impossibile! -
Calma, calma. Vi sto per raccontare il mio personalissimo Quilting Day, ovvero una giornata che ho interamente dedicato al patchwork.
Ore 7:10, binario 1, in attesa del treno che mi porterà a Treviso; l’altoparlante, con la solita intonazione così impersonale da sembrare irridente, comunica che il treno regionale R2448 partirà con 10 minuti di ritardo; – bravi, – penso – per accumulare già 10 minuti di ritardo in soli 40 km di tragitto bisogna veramente mettersi d’impegno -. Trenitalia, anzi, dopo la cancellazione di molti treni regionali, Trenitaglia, non si smentisce mai.
Dopo due ore e passa eccomi finalmente a Treviso e, come da prassi consolidata, inizia a piovere. – E ti pareva…
Non c’è niente da fare: quando vado a vedere una mostra di patchwork, al cielo viene sempre da piangere, e perciò parto sempre con la dotazione completa adeguata al diluvio universale. Mi viene da pensare che se organizzassero una mostra nel punto più arido del Sahara, in piena estate, al mio arrivo pioverebbe anche lì.
M’incammino; dunque… Via Roma… ponte… Corso del Popolo… Via Indipendenza… Via Calmaggiore… Via Antonio Canova… e… incredibile, stavolta ce l’ho fatta, non ho smarrito la strada! L’altra volta ho fatto quasi il giro turistico di tutta la città prima di riuscire a trovare la “Casa de Noal”, cioè la sede dell’esposizione di Idea patchwork. Stavolta sono persino in anticipo, giusto il tempo per un buon caffè e un dolcetto in una pasticceria arredata in uno stile minimal-modern, che se lo vedesse Canova, nella strada dedicata a lui poi, si rivolterebbe nella tomba.
mi’ ora.
Chi ha già dato un’occhiata ai post delle edizioni precedenti, quelle del 2010 e del 2011, potrà comprendere che le mie aspettative erano elevate, e vi confesso con piacere che non sono state affatto deluse.
Nel 2011 avevo osservato un’evoluzione stilistica, un processo che non sacrificava la tecnica per l’effetto (brave lo sono, non c’è niente da fare), ma anzi, grazie a una tecnica consolidata, andava alla ricerca di applicazioni non consuete, non puramente geometriche, e perciò più rischiose.
Già alla prima occhiata mi par di capire che ciò che avevo notato l’anno scorso erano proprio rose, e in quanto rose sono fiorite splendidamente. mi’ ovvio che ci sono anche le spine, sono quelle che tormentano quando il lavoro non viene come si vorrebbe, quando si pensava così e tocca fare cosà, quando sale il dubbio di aver sbagliato tutto e ci si smonta, ma è normale amministrazione, capita sempre a chi crea un’opera d’arte. La certezza assoluta la danno solamente velleità e presunzione.
Ecco allora impressionanti lavori geometrici accanto a suggestivi percorsi cromatici, blocchi tradizionali che contendono gli sguardi a progetti originali.
Basta chiacchiere, un’immagine vale più di mille parole, e perciò sarebbe anche ora che vi mostri qualcosa.
(cliccare sulle immagini per ingrandirle)
Il titolo della mostra è “Quilts in scena”, dove la scena è quella del teatro. Tutti i lavori prendono spunto da alcune rappresentazioni teatrali, più o meno famose. Ogni artista ha cercato di riportare sulla stoffa le emozioni che il testo ha suscitato, sperando di rendere un omaggio a tale forma d’arte, messa in pericolo da forme di spettacolo di più largo consumo. Per questo motivo mi è d’obbligo riportare, per ogni opera, l’autrice e la sua fonte di ispirazione.
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Čechov, col suo “il giardino dei ciliegi” ha suggerito a Carmen De Bin questi fiori dipinti sulla stoffa. I colori che vanno dal rosa antico al viola, danno le sensazioni di sottile tristezza e rimpianto dei bei tempi andati che pervadono il dramma.
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Patrizia Ballin ha rappresentato “Il gioco delle parti” di Pirandello, una trama nella quale si intrecciano le sensazioni (i colori caldi) e il ragionamento (i colori freddi).
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I contrasti generazionali de “Il risveglio di primavera” di Wedekind sono rappresentati dal verde che emerge, prepotente, da un fondo rosso. Colori difficili per un’opera difficile.
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Chi non conosce Franca Valeri? Confesso però che nulla so di “Non tutto è risolto”, ma suppongo che il suo carattere spigoloso e vagamente surreale sia stato validamente riportato in questo quilt da Maria Luisa Fragiacomo.
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Pur essendo nato come libro, “E le stelle stanno a guardare” di Cronin ha avuto alcuni adattamenti, sia cinematrografici che teatrali, il più importante dei quali, se ci soffermiamo a riflettere sull’attualità dell’opera, è quello nel teatro più grande di tutti: la vita. Infatti il film “Grazie, signora Thatcher” del 1996 ripropone in parte i drammi umani descritti da Cronin. La freddezza dei colori utilizzati da Laura Fiumi rappresenta quella stessa delle stelle, così lontane e distaccate, eternamente insensibili alle nostre pene.
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Dopo tanto freddo, ecco un fuoco per scaldarsi. “Rinasco dalle fiamme, gridava la Fenice” di Williams, rappresentata da Ivetta Guerra.
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Nel più puro spirito patchwork, Maria Luisa Fragiacomo utilizza improbabili avanzi di stoffa per dare forma ai sogni del capitano degli “Avanzi di storie” di Ronchetti.
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D’autunno le foglie le trovate per la strada, e magari ci trovate anche Carnemolla, un artista itinerante che dona a chi ha voglia di stare a sentire le sue composizioni, come per esempio il monologo “Foglie d’autunno”. Adattamento per stoffe colorate e filo di Lidia Marini Pizzolon.
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“La strana coppia” di Simon (famosa la sua trasposizione cinematografica con W. Matthau e J. Lemmon) è una delle migliori commedie mai scritte. Monica Lorenzon ha accostato dei fiori con una figura astratta: una strana coppia, di sapore giapponese.
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“L’avaro” di Molière. Quanto amo Molière, è così attuale che sembra scritto domani! Come dice bene Franca Berto Massimo, il patchwork non è avarizia, è una sfida alla carenza di materiale, non importa se imposta o cercata.
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Sempre restando nella satira, ecco “Le femmine puntigliose” di Goldoni. Magari Franca Gasparini, per “puntigliose” intendeva dire che, a volte, bisogna esserlo per riuscire a fare un bel quilt.
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Williams va molto tra le quilter. Ecco il suo “Ventisette vagoni di cotone”, una variopinta opera di Assunta Lorenzon. Per fortuna il cotone nei vagoni non era tutto dello stesso colore…
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Che belle sfumature di colore per questo sogno di Roberta Pasqualato. L’opera alla quale si è ispirata, “Sogno (ma forse no)”, è una delle più strane di Pirandello, al punto che lo spettatore non sa se sta assistendo al racconto di un sogno, o al sogno in divenire, oppure anche alla promessa di un sogno.
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Da un sogno a un altro sogno. C’è voluta sicuramente più di una notte ad Annalisa Michielin per dare forma a questo “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare.
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Da una notte a un’altra notte, quella di Giacosa e di “Sorprese notturne”, una storia bizzarra, piena di malintesi. Antonella Pizzolato ha voluto riportare nel suo lavoro i colori lunari, quasi monocromi, come le vite dei personaggi della commedia.
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Forse Emy Ramanzini Coletti aveva in mente un altro titolo per questo suo impressionante patchwork. Quando, alla fine di questa fatica da Sisifo, si accorse che durante il lavaggio la stoffa rossa aveva rilasciato un’inopportuna sfumatura rosa su tutto il lavoro, fu presa dalla disperazione. Per fortuna, con un pò di candeggina, tanta pazienza, e infinita speranza, il rosa se ne andò, e il lavoro tornò al suo originale splendore. “Tutto è bene quel che finisce bene” di Shakespeare.
Ricordatevi, qualsiasi cosa affermino, confermino, promettano, giurino coloro che vi vendono la stoffa, non fidatevi. Lavate sempre le stoffe prima di iniziare il lavoro.
Dettaglio
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Di Coward ecco “Spirito allegro”, e magari anche un po’ dispettoso come quello della commedia, uno spiritello che non ha mancato di creare qualche problema ad Antonella Cibin. Complimenti per l’originalità.
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Non è un semplice (si fa per dire) giardino della nonna. Questa è la dimostrazione che a Franca Berto Massimo “L’amore fa fare questo ed altro”, l’amore per il patchwork, per i fiori, per l’arte, un’opera semplice (ma non facile), essenziale (ma non povera), incisiva (ma non esagerata), come la famosa commedia di Campanile.
Come sempre le immagini non rendono giustizia alla qualità cromatica delle opere esposte. Per apprezzarle come meritano bisogna osservarle “live”, in quell’ambiente che indubbiamente le valorizza.
Va detto che il gruppo Patchwork Idea conta una sessantina di associate, e immagino che per organizzare un’esposizione così interessante ci sia solamente l’imbarazzo della scelta. Sono abbastanza sicura che loro hanno materiale non per una ma per tre mostre. Perciò i miei complimenti vanno alle quilter di Treviso per la loro creatività, ma non solo, anche per la capacità di mantenere assieme un gruppo di appassionate, le quali, è ovvio, differiscono fra loro per capacità, sensibilità, e gusti; si tratta di un ben assemblato patchwork di persone, una composizione che mette nel giusto risalto il guizzo artistico, l’exploit tecnico, il colpo di colore, tutte sfumature affascinanti, ma che non trascura di curare gli aspetti meno appariscenti, l’apprendimento, il travaso di conoscenze, l’emulazione, la collaborazione, che, pari a una paziente quiltatura, legano il tutto e danno il giusto risalto all’opera.
Bene; fatte le foto, preso nota dei dettagli, scambiati gli indirizzi email, fatti i complimenti, accumulata la solita dose di invidia, è ora di andare; un treno mi aspetta (è più facile che io aspetti lui…).
Ore 13:32, treno regionale R5638 per Vicenza; ore 14 scendo (ovviamente in ritardo) a Castelfranco Veneto, dove ho la coincidenza per…
… per la seconda parte del mio Quilting Day.
Alla prossima!