Abilmente Primavera – Vicenza 2011

In ogni cosa, c’è sempre una prima volta.

Non so voi, ma per me visitare una mostra non significa mai unicamente osservare, bensì anche imparare, rubare con gli occhi, confrontare, ma soprattutto caricarmi, ritrovare la voglia di emulare, di sperimentare, sententomi partecipe di un’evoluzione artistica condivisa.

Ebbene, questa è la prima volta che ritorno a casa inappagata, con una punta di, non saprei come definirla, forse incertezza, oppure preoccupazione.
Delusa no, comunque.
Anche questa primavera gli stand espositivi erano ricchi di opere mirabili per originalità ed effetto. E pure l’estesa zona commerciale non ha mancato di darmi l’occasione di spendere, ben volentieri, oltre ogni previsione, grazie ad un’offerta ricchissima per varietà e qualità.

Gli spazi dedicati al patchwork erano molto ampi e ben curati. Come sempre, meglio di sempre.

Oltre alle consuete esposizioni di oggetti di arte tessile, quest’anno si è voluto proporre anche uno studio propedeutico inerente all’influenza che hanno su di noi alcune tinte specifiche. Sono state allestite alcune stanze, ognuna con una precisa dominante cromatica che doveva ispirare una sensazione diversa.

Facile provare gioia e ottimismo in questo ambientazione solare.

E come non rilassarsi di fronte alla calma e tranquillità suggerite da queste sfumature di blu?

 

Al pari di queste ambientazioni, anche i colori di un patchwork hanno il loro effetto sul nostro stato d’animo. Uno studio accurato della risultante cromatica potrà essere la discriminante tra un bel lavoro e uno splendido lavoro, una sottile differenza che viene apprezzata quasi inconsciamente.

Tanto per restare nel campo dell’inusuale, sono rimasta molto colpita dalla fantasia di alcune artiste che hanno realizzato con i materiali tessili più vari delle opere sorprendenti per originalità e gusto.

A proposito di gusto, questa torta di feltro e lana è di sicuro al cioccolato…

 

E che dire di questi eccentrici monili. Non saprei come definirli, collane, ornamenti, gioielli tessili? Fate voi.

Stupende pure le collezioni di borse, la nuova frontiera dell’espressività di ogni quilter che si rispetti. La sfida in questo caso è molteplice. I limiti dimensionali imposti, l’aggiunta della terza dimensione, la necessità di garantire ergonomia e praticità, obbligano l’artista allo studio di un oggetto complesso, oltre che semplicemente bello. A volte l’unico grado di libertà concesso è la scelta dei colori e, fatta di necessità virtù, la quilter dà, in questi casi, il meglio di sé.

Altra novità di questa primavera erano gli arazzi di Adriana Puppi.

A delle opere di una poesia unica, basate soprattutto sulla somma di calde nuances, come questo paesaggio a tinte pastello, si contrapponevano dei lavori dove, per definizione, il colore non appare. E’ questo il caso della riproduzione di un famoso fotogramma del lungometraggio “Il monello” di Charlie Chaplin.

Torniamo al patchwork.

Non mi è possibile in questo spazio ridotto illustrare tutti i lavori notevoli che erano esposti. Mi limito a una breve carrellata delle opere che mi hanno colpito di più. Il gusto personale ha, in questo caso, il sopravvento, è inevitabile. Chiedo venia fin d’ora per l’incompletezza dell’esposizione.

Alcuni lavori inviati da EQA – Asociación Europea del edredón

Dettaglio

 

Ma allora se la mostra era così bella e variegata, vi chiederete quali siano stati i motivi di quel particolare stato d’animo, vagamente insoddisfatto, del quale avevo fatto cenno all’inizio di questo post.

Ci arrivo.

Tra le varie iniziative di quest’anno,è stata allestita una zona denominata “Top Ten” riservata alle migliori quilters nazionali.

Già l’esistenza di una classifica, una specie di Hit Parade, basata su parametri non sempre condivisibili, la creazione di una elite prestabilita (da chi?), disturbava la mia visione “democratica” del patchwork.

Ognuna di noi è in grado, da sé, di riconoscere la superiore, e spesso irraggiungibile, abilità di alcune nostre colleghe. Esse sono sempre il faro al quale ci rivolgiamo, sulle riviste, nei siti web, alle mostre, tentando di trovare la nostra strada espressiva e di perfezionare la nostra tecnica. Rimarcarne la superiorità mi è sembrato pletorico.

Non bastava ancora.

Non voglio tirare in ballo le varie mostre di tutta Europa dove ho avuto occasione di ammirare dei capolavori inimmaginabili, mi è bastato il confronto con alcune opere esposte da EQA per annotare con rammarico che “it’s a long way to Tipperary”, la strada da percorrere è ancora lunga. I lavori esposti erano indubbiamente belli e d’effetto, ammirevoli sotto ogni punto di vista, ma mi ispiravano una sensazione di deja-vu, anche purtroppo in alcune opere apparentemente innovative.

Lo so, io sono incontentabile. Questo capita quando si è visto di tutto e di più, perché il patchwork è come una droga. Non se ne può fare a meno, e le dosi di bellezza devono ogni volta essere maggiori. E’ la mia ( e forse anche la vostra ? ) maledizione, sono la prima a soffrirne.

Basta. A questo punto, concedetemi soltanto di mandare un saluto ad una persona cara.Ciao Germana, sei sempre nel mio cuore.

 

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