Vi sarà certamente capitato di notare, camminando per il centro, qualche vetrina vuota, muta testimone di un’attività commerciale che lì esisteva e prosperava, e che ora è cessata, oppure si è trasferita.
I grandi centri commerciali, tanto vituperati quanto frequentati, hanno messo i piccoli negozi all’angolo. Molti di questi hanno chiuso, altri hanno spostato la loro sede proprio in casa del nemico, cambiando pelle e pure anima.
Restano queste malinconiche occhiaie vuote, dominio incontrastato di ragni e polvere, inosservate ma non invisibili, piccole ferite nel tessuto cittadino, vittime collaterali dell’inarrestabile marcia verso il consumo a tutti costi (meglio se bassi).
Se in una grande città tutto ciò potrebbe apparire fisiologico e sopportabile, in una cittadina in espansione come Koper-Capodistria (Eslovenia), una località istriana che va cercando anche una sua vocazione turistica, si è pensato bene che quelle vetrine abbandonate andassero riutilizzate.
Sono stati contattati artigiani e artisti locali, ai quali, a turno, è stata offerta la possibilità di esporre alcune delle loro opere all’interno delle vetrine vuote.
Il tutto è stato realizzato a costo zero.
Seguendo la (saggia) filosofia del riciclo, sono stati recuperati spazi e materiali esistenti, ottenendo, contemporaneamente, un’offerta artistica variegata, destinata a locali e turisti, ravvivando ambienti altrimenti deprimenti, e dando l’occasione di farsi notare a oscuri, ma valenti, dilettanti.
Deus ex machina di questa operazione è stata l’omnipresente Lucija Erzetič, del comune di Koper-Capodistria, la quale si è fatta in quattro per la riuscita delle piccole, ma tante, manifestazioni espositive, un patchwork di artigianato artistico, variegato per tema, materiali ed effetto.
A Rossana è toccata una ex calzoleria, un paio di vetrine nelle quali ha potuto esporre alcuni lavori suoi e di una sua amica. Quelle superfici di vetro si sono così trasformate in finestre su un mondo che, a Koper-Capodistria, era sconosciuto ai più.
Il negozio abbandonato,…
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…e dopo la cura.
Terminate le tre settimane di esposizione, e passato il testimone ad un altro artista, si pensava che il tutto fosse finito lì.
Errore.
Siccome l’appetito vien mangiando, hanno pensato di riutilizzare i materiali tessili (già di recupero) del progetto Ozivimo izlozbe/Ravviviamo le vetrine.
Il carnevale era prossimo, e allora quale utilizzo migliore di una stoffa per la realizzazione di un bel vestito adatto alla sfilata in costume?
Lucija Erzetič ha chiamato perciò a raccolta le artiste del progetto che avevano dimestichezza con ago e filo, e, anche con l’aiuto di due studentesse dell’istituto tecnico tessile, sono stati realizzati dei meravigliosi costumi.
Le foto sottostanti sono la testimonianza che il patchwork, inteso come composizione armonica di elementi altrimenti inutilizzati, non è una semplice attività di taglio e cucito, ma è pure una predisposizione della mente, un modo di vedere, di pensare, di vivere.
Guardando con occhi diversi (o almeno aperti) le cose di questo mondo, potremo allora accorgerci che oggetti, avvenimenti, esperienze, incontri, sono tutti, nessuno escluso, un pezzi unici e insostituibili della nostra vita. Sta a noi ricomporli per ricavarne il piacere di un vissuto coerente, oppure dimenticarli in un angolo, lasciando che formino uno zibaldone incomprensibile e, tutto sommato, inutile.