Eccomi qua.
In ritardo come al solito.
So già cosa vi state aspettando, la mia periodica tiritera su quanto siano affascinanti Praga e la Boemia in generale, tanto più in occasione del Prague Patchwork Meeting. Insomma il solito strazio.
Errore.
Calma, calma, non si pensi che Praga abbia ormai perso la sua capacità di suggestionarmi, o che, dopo ben undici anni, undici presenze, undici viaggi, io non trovi più ragioni per andare a vedere il patchwork boemo. Non sia mai detto.
Ci sono andata, mi sono pure divertita, come sempre e diversamente da sempre.
Ormai giriamo per la città con le mani in tasca, ovvero senza la necessità di consultare mappe e guide di sorta, e per di più ci permettiamo di farlo a piedi, avendo ormai memorizzato strade e scorciatoie. E così, come sempre e diversamente da sempre, abbiamo ritrovato i nostri angoli preferiti, assieme ad altre nuove scoperte, piccole si sa, ma non per questo meno gradevoli.
Anche le mostre patchwork di Praga non hanno tradito le promesse, hanno mantenuto alto il livello artistico delle opere esposte, non rinunciando a presentare gradevoli variazioni sul tema. Come sempre e diversamente da sempre.
E allora?
Allora stavolta non vi riverserò addosso il rituale fiume di parole, e vi eviterò la pena di cercare di interpretare il senso dei miei voli pindarici con i quali uso condire il testo; stavolta si viaggia senza bagaglio appresso.
Il fatto è che suppongo di aver scritto abbastanza di Praga e della Boemia, e direi che a questo punto un qualche ufficio dell’agenzia centrale ceca per il turismo dovrebbe regalarmi un soggiorno premio, o concedermi un’onorificenza, o almeno offrirmi un caffè. Se dopo aver tanto scritto e tanto mostrato non vi è venuta ancora voglia di venire a Praga, allora non c’è speranza. Mi arrendo.
Però, e qui c’è il secondo motivo per essere meno scrupolosa, finalmente al Prague Patchwork Meeting è stato riservato uno spazio per i quilt italiani. Sono abbastanza certa che l’esperienza sia stata interessante per le artiste di casa nostra, e che pertanto saranno le migliori testimoni (più di me, questo è certo) di un evento così vicino a noi eppure per molti anni passato quasi inosservato.
Ormai la strada è aperta, e mi piace pensare che nel mio piccolo abbia contribuito anch’io; come si dice, missione compiuta, ora posso anche tirare i remi in barca.
Come già scrissi una volta, un dì capitai a Praga per il patchwork, e da quel dì le cose sono un po’ cambiate. Ora vado in Boemia per la Boemia, a Praga per Praga, ma ci vado, quando si dice il caso, proprio in occasione delle mostre patchwork, come sempre e diversamente da sempre.
Quindi niente fotografie in questo post, le potete trovare tutte nel mio album di Flickr, estese e scaricabili. Al loro posto un breve filmato nel quale abbiamo mischiato di tutto, viaggio, posti visitati, impressioni, e ovviamente le mostre, un vero e proprio zibaldone di immagini.
Ah sì, quasi dimenticavo, quest’anno abbiamo notato un considerevole aumento di esemplari di triscemi, dei bipedi tre volte scemi. In una città che vanta un trasporto pubblico tra i migliori al mondo, questi si dimostrano una volta scemi ostinandosi a girovagare in centro con l’automobile. Diventano biscemi quando lo fanno con dei mezzi che superano abbondantemente la barriera del superfluo, dei cassoni lucidi e rumorosi che mal si adattano alle stradine di selciato e all’ambiente (naturale e architettonico). L’ambita patente di triscemo la conseguono quando mostrano particolare arroganza nell’ignorare i limiti di velocità, cercando di bruciare il tempo in una città che si è permessa di venire a patti con esso.
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Che magnificenza. Siete diventati professionisti del reportage.
Veramente noi preferiremmo restare dilettanti, per partecipare alle olimpiadi del reportage
Grazie dei complimenti!