Un mese, no dico, dal mio ultimo post un mese senza telefono, e ovviamente senza internet, ma come si fa? Finalmente qualcosa si è mosso, e allora, prima che la linea decida nuovamente di sparire, ho buttato giù in fretta e furia questo articolo su un’esperienza sinestetica che difficilmente dimenticherò.
C’è chi va in Val d’Argent, chi va a Birmingham, chi va a Karlsruhe, chi va a Houston, chi va a Tokyo, chi va a Biarritz, chi va a Paducah, chi va a Veldhoven, e c’è anche chi si inoltra sino ai piedi della Montagna Nera per una mostra patchwork, ma soprattutto lo fa a sua insaputa.
mivviva! Dopo un mese e mezzo di stop per causa di forza maggiore (frattura del polso) si poteva riprendere in mano, anzi in due mani, il blog. Invece, appena pubblicato l’articolo sulla mostra di Maniago, sono iniziati i problemi telefonici, e perciò anche di internet, fino al collasso della linea. A detta dei tecnici, la linea che serve la nostra frazione fa leggermente schifo a causa di vecchi cavi aerei, riparazioni provvisorie (e perciò permanenti), giunti di tipo gordiano, dispersioni e disturbi vari. Dopo settimane di black-out la lucina del modem è finalmente tornata verde (ma del doman non v’è certezza), e anche se la velocità di connessione è, sembrava impossibile, ancora più bassa di prima, cercherò di mettere in rete un nuovo post. Speriamo bene.
Pur non essendo Stephen King tra i miei autori preferiti, devo ammettere che a distanza di quarant’anni il titolo di quel famoso libro è ancora intrigante. A volte ritornano dicevo, e con gli stessi effetti terrificanti evocati in quelle pagine, ecco che ritornano i miei articoli sul blog. Quasi superati i deleteri effetti di una banale quanto inopportuna frattura del radio, ho potuto finalmente riprendere in mano (anche concretamente) alcuni post che avevo lasciato in sospeso. Ecco allora che per questo mio riaffiorare al mondo del visibile ho deliberatamente scelto di scioccarvi con qualcosa di estremo, delle opere che talvolta sfiorano la provocazione, che offrono più domande che risposte, e che sembrano pensate per scatenare opinioni contrastanti. L’occasione mi è stata offerta dalla decima edizione del concorso internazionale di arte tessile contemporanea “Premio Valcellina”. Già la definizione “arte contemporanea” dovrebbe dissuadere chi ama il patchwork classico dal proseguire nell’esplorazione di questo articolo, perciò da qua in poi vi inoltrerete a vostro rischio e pericolo. Continua a leggere →
A Verona ci son passati tutti, Brenno, Cesare, Vespasiano, Teodorico, Adelchi, Papa Lucio III, Federico Barbarossa, Dante, Goldoni, Napoleone, Byron, Radetzky, Carducci, Francesco Giuseppe, e forse potevo non farci una scappata anch’io? Ovviamente no. E così, in un bel sabato di fine aprile, ho preso il treno e mi sono fatta scarrozzare fino a Verona Porta Nuova. Già, un gran bel sabato, sotto tutti i punti di vista. Bello, perché era una giornata di sole, la prima dopo una settimana di tempo capriccioso. Bello, perché a Verona quel dì era sceso tutto il mondo, che pareva di girare per Venezia. Bello, perché passeggiando per le vie della città ho scoperto più domande che risposte. Bello, perché ogni sabato ha qualcosa di speciale, la giovinezza del fine settimana. Bello, perché c’era Verona Tessile, e non serve dire altro.
Primavera. Un sole ancora giovane dipinge di rosa i ciliegi. Papaveri rossi come gocce di sangue stillate dal prato. Tutti gli arcobaleni che riescono a imbastire gli iris. Luce, luce, luce, per uscire, giocare, sognare. Primavera, la stagione più bella. In teoria… Come ignorare anche gli aspetti meno gradevoli della primavera? La natura si risveglia, e con lei tutte le allergie derivate, con gli effetti che ben conosciamo: raffreddore, occhi lucidi e tosse, variamente assortiti. Il caldo, tanto bramato, arriva senza bussare, e ci causa spossatezza e indolenza, proprio quando tutto ci spronerebbe all’azione. Tempo pazzo, non si sa mai come coprirsi, o troppo o troppo poco, in giaccone col sole, in giacchetta colla pioggia, e una bronchitella se ne sta sempre in agguato. Anche tutta quella luce che cala prepotente da un cielo ancora non oppresso dall’umidità estiva ci sbalestra, sconvolge il nostro ritmo circadiano, e con lui vanno a farsi benedire tutte le buone abitudini dell’organismo che si regolavano sul nostro orologio interno. Ancor peggio va a chi approfitta di qualche ora di luce in più per allungare la sua giornata lavorativa, garantendosi un bel superávit di affaticamento. Per buona misura ci levano anche un’ora di sonno, grazie all’ora cosiddetta “legale”, aggravando lo stato di torpore mattutino che sempre si accompagna a questo periodo dell’anno. Nei casi peggiori si arriva a una sorta di depressione primaverile, la SAD (Seasonal Affective Disorder), durante la quale la mente rifiuta di accordarsi con l’esuberanza circostante e la combatte con l’apatia.
Se pensate che i malanni di stagione siano tutti qui, vi state sbagliando, poiché il peggiore, quello al quale non si sfugge, fastidioso come un tafano, inesorabile come una cartella di Equitalia, puntuale come la nuvola del Rag. Ugo Fantozzi, fatale come quel famoso iceberg nell’Atlantico settentrionale, sta proprio per colpirvi in questo esatto momento: si tratta del mio solito post di primavera sul Prague Patchwork Meeting.
Aquí lo tienes, lo sento, il sospiro di rassegnazione, quello di chi si accorge di essere caduto nella trappola di un titolo mendace e fuorviante. Ad averlo saputo prima… Che ci volete fare, Praga per me è uno straniarsi da ciò che è usuale per scoprire sempre nuove affinità tanto sorprendenti quanto profonde. Come già scrissi, un dì arrivai a Praga per ilpatchwork, ma ormai esso è solamente una delle componenti che mi spinge ogni anno verso la Boemia.
Ci sarebbero il cavallo di Troia, il dipinto di 1040m², l’orologio che va al contrario, la maqueta 1:420 la ciudad como lo fue en 1830, el camino real con Negredo, albedo la dirección rubedo, Columna del Diablo, la Casa Fausto, el frente verde, la tumba de un enterrado vivo, el camello pasar por el ojo de una aguja, la columna sin fin de libros, il castello di Adele Bloch-Bauer, el Padrenuestro ascensor, por no hablar de todo lo demás que ya conoce, y entonces dame una buena razón, una sola, por qué no debería ir a Praga para patchwork Reunión.
Ahoj
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